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PATTI – Incontro con Giovanni Impastato al “Borghese-Faranda”

PATTI – Incontro con Giovanni Impastato al “Borghese-Faranda”
Marzo 08
12:49 2017

Lunedì 6 marzo, presso il cineteatro Beniamino Joppolo di Patti , gli studenti del “Borghese –Faranda” di hanno incontrato Giuseppe Impastato, fratello di Peppino Impastato vittima della mafia. La mattinata è iniziata con la proiezione del film “I Cento Passi” , storia di Giuseppe Impastato, detto Peppino, ribellatosi al padre mafioso e alla cultura del silenzio.
Attenti, silenziosi gli studenti sono entrati nel tessuto della storia. La proiezione è stata la giusta introduzione di un incontro davvero emozionante e formativo, in cui i relatori e il protagonista della giornata Giovanni Impastato, hanno saputo coinvolgere e tenere alta la loro attenzione.

La professoressa Giancola ha introdotto il secondo momento della mattinata, pronunciando la frase di don Puglisi, “È importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore ma, se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti”. Ed è proprio questo che noi vogliamo fare, afferma la docente, confermare i fatti e per fare questo dobbiamo partire dalla formazione che è la chiave di svolta per combattere il fenomeno mafioso così come la cultura e la scuola deve educare i giovani a capire che solo nella legalità democratica ci sono vere opportunità di sviluppo e di giustizia. Oggi più che mai, in cui questo fenomeno assume vari volti, è necessario discutere di mafia soprattutto con i giovani, per fornire loro strumenti di comprensione e analisi di una realtà complessa. I nostri giovani hanno bisogno di punti di riferimento credibili, di persone che trasmettano quei valori di democrazia, di libertà, di giustizia. Bisogna compiere i “cento passi” che ci separano dall’abitudine e dalla rassegnazione.

Il Sindaco avv. Mauro Aquino, dopo aver salutato i presenti, ha sottolineato l’utilità di questi incontri che hanno lo scopo di scuotere le coscienze di tutti e non solo dei giovani e ha ribadito che per sconfiggere la mafia è necessaria una rivoluzione culturale che coinvolga tutta la società civile.

A porgere i saluti ai relatori e a tutti i presenti, anche a nome della Dirigente prof.ssa Francesca Buta, il vicepreside Professore Nicolino Natoli, anche lui ha sottolineato l’importanza che occupa la scuola nell’ istruire i giovani alla cultura della legalità, senza dimenticare i valori fondamentali che devono essere un tutt’uno con essa. Il nostro Istituto, continua il professore Natoli, è stata, è e continuerà ad essere in prima linea nella lotta alla mafia. La scuola è il luogo ideale per l’affermazione dei diritti e l’esercizio della cittadinanza attiva, dove può nascere e maturare un pensiero critico e dove il silenzio deve essere trasformato in una voce forte e assordante che dice no alla mafia.

Presenti le Autorità locali delle Forze dell’Ordine quali, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Polizia Municipale, Guardia Costiera, Guardia Forestale e altre Rappresentanze Istituzionali.

L’incontro moderato egregiamente dal giornalista- scrittore, Luciano Mirone, il quale ha voluto mettere in evidenza come questi incontri sono importanti per trasmettere ai giovani i valori che devono essere i punti fondamentali nella loro vita. Inoltre, Mirone, ha ricordato, insieme a Peppino Impastato i tanti cittadini onesti, definendoli “normali” che hanno svolto il proprio lavoro in piena libertà, rischiando la loro vita. Ed è proprio un cittadino “normale” ad aprire l’incontro, con la sua testimonianza personale, Salvatore Fiore, l’imprenditore di Belpasso che, dopo essere stato sotto usura ed estorsione per quasi vent’anni, ha deciso di denunciare i propri aguzzini, «Il giorno che ho denunciato , ha detto Fiore, è stato, dopo quello della nascita dei miei figli, il più bello della mia vita. Mi sono sentito finalmente libero e questa nuova vita la devo agli uomini delle forze dell’ordine che mi sono stati accanto sin dal primo momento».

I giovani sono stati al centro dell’intervento dell’avvocato Enzo Guarnera, il quale ha invitato le nuove generazioni a costruire la loro vita intorno ai valori della solidarietà, della dignità e dell’uguaglianza, perché così soltanto si potrà avere il coraggio di opporsi a richieste immorali e ingiuste. Continua l’avvocato Guarnera chi desidera il cambiamento della società non può che rivolgersi ai giovani che sono il presente e il futuro e incontri di questo tipo assumono valore notevole. Il tempo trascorso con i giovani, sottolinea ancora, è ben speso poiché sono gli unici che possono fare qualcosa mentre gli adulti sono “imbalsamati” nelle loro certezze. Il penalista, ha incitato i giovani ad essere sempre vivi nel loro spirito critico.

L’intervento di Giovanni Impastato, protagonista della mattinata, è stato introdotto dalle poesie scritte da Peppino e recitate dagli studenti dell’Istituto, “L’ansia dell’uomo che muore” e “Fiore di campo nasce”, in cui Peppino sembra aver letto profeticamente tutto di sé molti anni prima che lo uccidessero.

Giovanni Impastato si rivolge agli studenti con semplicità e pacatezza, iniziando il suo intervento con il raccontare l’infanzia felice di due fratelli che vivevano in una famiglia “apparentemente normale”. “Peppino, era uno che amava la natura e che, sin da ragazzo, scoprì quanto fosse innaturale la mafia. «Da bambini, io e Peppino – ha ricordato Giovanni – catturavamo le lucertole col filo d’avena per poi liberarle. Di quel mondo contadino non dimenticherò mai le lucciole, grazie alle quali sconfiggevamo la paura della notte”.

La mafia prosegue, era sempre stata nella nostra famiglia, così abituale da non farsi notare ma con l’omicidio dello zio tutto cambiò, cominciarono problemi nei rapporti familiari soprattutto per la reazione di Peppino che da allora incominciò a chiedersi in che famiglia e in che mondo vivesse. Da quel momento per la nostra famiglia, continua Impastato, sono incominciati i tempi difficili, e sembrava impossibile uscire dall’oppressione mafiosa. Un velo di tristezza e di commozione compare sul suo volto quando ha sottolineato che sono riusciti a liberarsi dalla mafia pagando un prezzo altissimo ma con un risultato straordinario che ha dimostrato come in Sicilia è possibile resistere contro lo strapotere mafioso. Un valore, questo aggiunge, lasciato da mio fratello Peppino, che io e mia mamma abbiamo raccolto per testimoniarlo soprattutto ai giovani. Ha proseguito, raccontando le attività e le idee del fratello, la sua attiva militanza nel partito comunista, la sua abilità nel criticare la mafia con una incredibile forza satirica costruendo, soprattutto tramite il programma Onda Pazza che andava in onda su Radio Aut, radio libera autofinanziata creata da Peppino. Da quella radio, “Peppino diceva ai mafiosi”, “siete potenti ma siete anche ridicoli ed insignificanti.”

Invita poi i giovani a guardarsi intorno, a riscoprire la bellezza vera, quella fatta di semplicità e spontaneità. E’ necessario, ribadisce, riscoprire il passato e tenere gli occhi aperti sulla realtà che vi circonda solo così il messaggio di mio fratello potrà restare il punto cardine nelle vostre vite. La nostra forza, quella che ha permesso a me e a mia mamma di continuare a lottare senza avere paura a perseverare nella lotta del sistema mafioso e voler conoscere la verità sulla morte di mio fratello, è stata quella di non esserci lasciati andare a odio e vendetta. Un’altra grande conquista sottolinea Impastato è stata quella di essere riusciti ad entrare nella casa che fu di Gaetano Badalamenti, uno dei mandanti dell’omicidio di Peppino. All’interno di quella casa oggi si parla di legalità, di giustizia ed impegno civile, precisamente in quella casa nella quale si è decisa la morte di Peppino.
La fine del suo intervento è stata suggellata dall’interpretazione toccante dell’ode che Felicia Impastato ha scritto al figlio, nell’ode si alza il grido di dolore della mamma che ha perso un figlio e inveisce contro “i lupi senza pietà”, mentre continua a parlare con lui perché non sa parlare ai morti. Il suo amato Peppino lo identifica in tutti i figli che non sono potuti nascere in un’altra Sicilia.

Molte le domande che hanno portato i ragazzi a confrontarsi con il fratello di Peppino sulla sua lotta e di quella della sua famiglia, sull’impegno antimafia, su cosa significa andare contro questo fenomeno oggi che è in continua evoluzione, domande che sono state rivolte anche agli altri illustri relatori.
L’incontro si è concluso con l’intervento della Professoressa Rosaria Busco, che ha ringraziato tutti coloro che hanno permesso la riuscita della manifestazione, soprattutto i docenti di lettere e di diritto che hanno profuso il loro impegno nella preparazione degli studenti e il professore Vittorio Siracusa, docente di storia dell’arte dell’Istituto, che ha dipinto il pannello del tavolo dei relatori. La docente, facendo proprie le parole di Don Ciotti, ha sottolineato come non si può parlare di legalità senza accostare ad essa la parola responsabilità, parola che chiama in causa ognuno di noi nello svolgere bene il proprio lavoro e adempiere nel migliore dei modi il proprio ruolo di educatori delle coscienze. Fondamentale, conclude la docente, saper guidare i giovani e rendersi credibili ai loro occhi.

“Il messaggio di Peppino è dentro e fuori questa sala, rimbomba come un’eco in ogni parte della Sicilia e non solo, ha mille volti e mille sembianze, è giovane, vecchio, piccolo, grande. E’ un bambino che piange, un ragazzo che gioca, un giovane che ama. Ha il colore del cielo, la freschezza della rugiada mattutina, riscalda come il sole di agosto, ti bagna come la pioggia d’autunno, ti purifica come la neve d’inverno, profuma come gli agrumi della nostra bella terra. Non ti chiede nulla se non di vivere sulle grandi ali della libertà che fa rima con verità; verità che ha nome Peppino, Giovanni, Paolo, Carlo Alberto, Pio, Piersanti, Giuseppe, Graziella, Rosario, Libero, Attilio, Rita, Beppe, Rocco, Placido, Adolfo, questi e tanti altri nomi che noi giovani del presente e del futuro dobbiamo emulare ringraziandoli di aver dato la loro vita per consentirci di vivere in una società migliore, lasciandoci però un’eredità che non dobbiamo disperdere ma farla brillare attraverso i nostri gesti, le nostre parole e il coraggio della verità. Solo allora possiamo dire che il loro sacrificio non è stato vano che il loro sogno è stato il nostro.
Noi siamo in prima linea, lottiamo per la nostra amata Sicilia e il nostro bel Paese. Voi però non deludeteci siate d’esempio e impegnatevi per noi! Facciamo insieme quei cento, mille passi che portano sulla strada della responsabilità, e la voce del silenzio possa tramutarsi in un grido di gioia per la conquistata libertà senza più omertà.”
Questa riflessione letta da una studentessa a nome di tutti gli studenti delle classi Quarte e Quinte dell’Istituto presenti nella sala ha concluso una mattinata, all’insegna di quei valori di democrazia, giustizia, libertà e verità per cui sono morti molti uomini giusti.
La lettura delle poesie a cura di Maria Bertino (5^B RIM) ,Valeria Giuffrè (5^B CAT), Elisa Gorgone ( 5^B RIM), Olga Mannino (4^A AFM), Dalila Marchese (3^B CAT), Marcella Merenda ( 5^A AFM), Enrico Minolfi (5^A CAT) e Federico Sidoti (3^A BIO) accompagnate dall’arrangiamento musicale di Lorenzo Ardiri (5^A AFM) e Antonio Miragliotta (5^B CAT) hanno reso ancora più magica ed emozionante la mattinata.

 

 

Redazione da comunicato stampa

Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.

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