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RACCUJA – Il presepe di don Nino: amore e passione per la tradizione

RACCUJA – Il presepe di don Nino:  amore e passione per la tradizione
Dicembre 22
13:49 2015

Ogni anno la magia si ripete. Il Natale è forse tra tutte la festività che più influenza il clima collettivo, quando tra l’euforia della corsa ad addobbi e regali, ci si ritrova immersi in un’atmosfera di trepidante attesa dell’ultimo dell’anno. Come cristallizzate in un disegno acronico, le aspettativein cuor nostro restano immutate, e con la speranza di un futuro più radioso ci lasciamo alle spalleil grigiore dei giorni passati.presepe_di_Don_Nino_002

Dalle vicende di cronaca che di recente hanno richiamato l’attenzione su quello che si potrebbe quasi interpretare come un azzardato tentativo atto a minacciare le nostre più radicate tradizioni, il passo che porta alla riflessione sul vero significato dirispetto culturale è breve. Fortunatamente c’è chi non ha dubbi, e senza troppi giri di parole vuole dimostrare che il Natale non si tocca!

Non ha dubbi il signor Antonino Faranda, don Nino per tutti gli abitanti di Raccuja, che da anni, si dedica puntualmentecon grande spirito di sacrificio alla realizzazione di uno dei simboli natalizi più amati da grandi e piccini: allestito all’interno della Chiesa Madre, il grande presepe che riproduce la Natività del Bambinello Gesù, offre ai visitatori uno spettacolo a dir poco suggestivo.

presepe_di_Don_Nino_003È il risultato di un lavoro condotto con dedizione e serietà, e portato orgogliosamente a termine in poco più di un mese, un arco temporale relativamente breve, se si considera la minuziosità nella cura dei dettagli, la difficoltà pragmatica nel reperimento di materiali e di nuovi elementi paesaggistici,nonché il reale tempo a disposizione del non più giovane fautore di questo meraviglioso scorcio di una Betlemme rivisitata e filtrata dagli occhi di un uomo semplice, legato alla terra, al lavoro, agli affetti, al suo Paese e alle sue radici.

Ampliato in estensione e nelle sue componenti rispetto allo scorso anno, nel presepe di don Nino le grotte che puntellano il paesaggio sono state realizzate con sughero proveniente da Caronia. Il muschio su cui poggiano le numerose statuine meccanizzate e intente a riprodurre i mestieri e le usanze di una vera e propria borgata (il macellaio che taglia la carne, il fornaio intento ad infornare il pane, la lavandaia china sul fiume mentre sciacqua i panni, la filatrice con in mano le sue rocchette), è quello delle montagne che circondano il piccolo centro di Raccuja, che nella visione di don Nino diventa una sorta di coprotagonista insieme all’elemento emblematico posto in posizione focale su questo inaspettato “palcoscenico”, l’umile stalla che offrì riparo a Giuseppe e Maria; da un lato il mondo “dei ricchi”, con i sontuosi palazzi e le piante esotiche, dall’altro il mondo “degli umili”, con i pastori a guardia delle pecorelle. Animato da un’intensa carica realistica, il presepe affascina per la vitalità della sua sorgiva: vera acqua di fonte (prelevata dalla fontana di Trono) attraversa la vallata calando giù dalle montagne, rimettendosi in circolo tramite una pompa, dopo essersi raccolta in un laghetto abitato occasionalmente da alcuni pesci rossi dello stesso don Nino, che ha simpaticamente raccontato di come catturarli non sia stato per nulla facile.

Con perfetto equilibrio di proporzioni e prospettiva, seguendo un criterio logico dove nulla è lasciato al caso, il presepe di Don Nino rassicura l’animo che attende con incontenibile trepidazione la nascita del Redentore, in un tripudio di luci e colori,e lo avvolge con un calore antico e genuino, semplice e onesto.

 

Elena Favazzo

Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.

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