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PATTI – Don Paul Bamogo, del Burkina Faso ospite delle parrocchie “Sacro Cuore di Gesù” e “San Michele Arcangelo”

PATTI – Don Paul Bamogo, del Burkina Faso ospite delle parrocchie “Sacro Cuore di Gesù” e “San Michele Arcangelo”
Febbraio 10
12:01 2020

Le comunità parrocchiali del “Sacro Cuore di Gesù” e di “San Michele Arcangelo”,guidate dal parroco don Giuseppe Di Martino, hanno ospitato don Paul Bamogo, del Burkina Faso, rappresentante della Pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre”, che da anni si impegna a far sentire la voce dei cristiani “senza voce” (oggi sono circa 300 milioni quelli che vivono in terre di persecuzione”. Don Paul Bamogo si trova al momento a Roma per motivi di studio.

“Nel mio Paese, il Burkina Faso, che letteralmente significa paese di uomini onesti, oggi i cristiani sono quasi il 25% della popolazione e la religione di maggioranza è l’Islam con circa il 60% ma la Costituzione della Repubblica del Burkina Faso definisce il Paese uno Stato laico e garantisce ai suoi cittadini libertà religiosa.

La comunità cristiana ha sempre avuto una forte influenza sulla gestione e l’amministrazione del Paese”. “Infatti, la Chiesa – ha spiegato –  è stata la prima istituzione a fornire alla popolazione strutture educative e sanitarie e si batte per la protezione dei diritti umani attraverso i vari progetti di un organismo locale che si chiama Organizzazione Cattolica per lo Sviluppo e la Solidarietà.

In generale, nel Paese c’è sempre stata una coesistenza pacifica tra i gruppi etnici e i gruppi religiosi. Ma poiché l’unità è una forza, i fondamentalisti tentano di distruggere questa coesione sociale per creare i conflitti interreligiosi in un Paese in cui cristiani e musulmani sono stati sempre in pace”.

Prima – ha fatto risaltare don Paul – i terroristi agivano soltanto nelle frontiere del Paese. E pian piano sono penetrati all’interno colpendo l’esercito, i funzionari e la popolazione. Dal 2015 ad oggi, principalmente nella parte nord e est, loro obiettivi sono i cristiani e i civili. E due settimane fa, un attentato in un mercato ha causato la morte di 36 innocenti, la settimana scorsa 70 e cosi via.

Non sappiamo quando e come fermare questo fenomeno che cresce di giorno al giorno. I jihadisti attaccano i cristiani a causa del loro rapporto con l’apparato statale (basta pensare che dall’indipendenza molti presidenti della nazione sono stati cattolici) e attaccano la Chiesa cattolica perché non gradiscono la sua forte influenza sociale e il suo ruolo di moderatore in questi tempi di crisi.

Abbiamo già perso 3 sacerdoti l’anno scorso”. Don Paul ha posto l’accento sulla “sofferenza” de cristiani in Burkina Faso: “Quando sono attaccati   ai fedeli viene chiesto di convertirsi all’Islam e di abbandonare la propria fede. Senza contare la distruzione e la profanazione dei simboli religiosi cristiani. Gli autori di tali crimini cercano di creare terrore nella comunità cristiana.

Noi sappiamo che loro sono in complicità con alcuni poteri stranieri che hanno l’ambito di sfruttare e rubare le risorse minerali del paese in queste zone. Dopo le violenze, tantissimi cristiani hanno abbandonato le loro case e sono migliaia i rifugiati interni, di cui la Chiesa si prende cura. Il livello di insicurezza in alcune regioni del Paese è senza precedenti e limita fortemente anche l’azione della Chiesa, i cui ministri non possono più andare nei villaggi per prendersi cura dei propri fedeli”.

“Oggi nella mia diocesi – ha rimarcato – ci sono già 4 parrocchie chiuse per motivi di terrorismo. Se si continuerà così, il risultato sarà l’eliminazione della presenza cristiana da alcune aree e forse in futuro anche dall’intero Paese. Essendo la Chiesa, come diceva San Paolo, il corpo di Cristo, di cui noi siamo i membri, quando un membro soffre, tutti i membri soffrono. Quindi, a noi cristiani è chiesto di aprire il nostro orizzonte per vedere la situazione di questi membri della Chiesa che stanno nella persecuzione. Ciò che accade in Burkina Faso, dovrebbe essere anche una preoccupazione delle potenze occidentali che hanno gli occhi chiusi sulla situazione.

Siamo sicuri che le armi che usano i terroristi non sono fabbricate in Africa. E, quindi, sappiamo che alcuni conflitti sono provocati da coloro che producono e vendono le armi che i terroristi usano per uccidere i cristiani. Infatti, se non avessero un sostegno dall’esterno si fermerebbero”. Don Paul ha, comunque, assicurato che “siamo perseguitati ma conserviamo la fiducia nel Signore e speriamo che presto tutto ciò possa finire”. Infine, un appello: “Fratelli e sorelle, non dimenticateci ! la vostra preghiera e il vostro sostegno sono importantissimi per noi. Da tanti anni fa, la fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre” ci sostiene anche grazie al contributo di ognuno di voi realizzando dei progetti in circa 140 Paesi”.

Nicola Arrigo

 
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