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DIARIO NOTTURNO – Ti amo e ti uccido

DIARIO NOTTURNO – Ti amo e ti uccido
Giugno 14
15:00 2016

Donne giovani, di mezza età, anziane; tutte divorate dalle fauci del maschio. Cifre impressionanti. Dall’inizio dell’anno sono 59 in Italia (nel resto del mondo chi lo sa) le vittime di femminicidi. Molte famiglie e molti rapporti di coppia in generale, sono diventati campi di battaglia senza prigionieri. Solo morti cruente. E nel sangue anche bambini e persino neonati. Di fronte a questa tormenta infernale, è facile rifugiarsi in una spiegazione, diciamo, apotropaica. Ricorrere allo psicologismo o, peggio ancora, ai codici psichiatrici più utili ai difensori degli assassini che all’analisi della strage.

Voglio tentare un approccio diverso, perché fenomeni come questo non possono restare in un relativismo esegetico. Mi affido, perché no?, alle categorie della cultura, delle religioni monoteiste ( cattolica ed islamica in primis), della politica e dell’economia, per aprire un varco in questo ingorgo. Non sono un esperto di Comandamenti, ma uno di questi recita: non desiderare la donna e la roba d’altri. Cioè la donna accomunata alla roba. Come qualcosa da possedere, assieme ai figli, e di cui disporre a piacimento fino ad esercitare su di essa, e su di essi, il diritto di morte. Costola di Adamo, orpello di una vita piegata all’ego del patriarca.

Un ego deificato che può quindi, appunto come dio, decretare vita e morte. ( Il medesimo concetto Le Bon lo applica ai dittatori cannibali del secolo scorso). Nelle viscere di questi mariti, padri e fidanzati amorosi rigurgitano queste scorie primitive. E la ferocia si sublima nel possesso. Ma c’è un contesto anche “moderno” da ispezionare senza indugi o paura di perdersi. C’è una narrazione reificante da denunciare.

Dopo il dimenticato cammino degli anni Sessanta e Settanta, l’odierna decompressione ideologica ha dato totale spazio ad un totalitarismo del mercato che, con il suo impersonale anonimato, impedisce una disobbedienza operativa. La violenza ed i crimini sono presentati come sistemici, quindi ineludibili. In realtà la “cultura del possesso” diventa reificazione, cioè trasformare tutto in cose. Anche le persone. Una violenza del capitalismo globalizzato che, per giustificare i suoi delitti (assassinio dell’ambiente, rapina delle risorse e decapitazione dell’umanesimo), relativizza il femminicidio che è anche prodotto inquinato di questa cultura merceologica. La donna come oggetto di “acquisto” , di piacere e di possesso. E se l’oggetto mi sfugge, va schiacciato. Perché non può che essere solo mio. E questo spesso con il compiacimento di tante donne-cose abituate dal mercato ad accettare un prezzo. Basta vedere certe pubblicità e certe passerelle sui tappeti rossi della Banalità del mondo.

Molti anni fa una ragazza siciliana, Franca Viola, si ribellò al matrimonio riparatore per rivendicare la propria soggettività ed il diritto di considerarsi la sola proprietaria di se stessa. Il delitto d’onore è stato abolito nel 1981. Nella coscienza collettiva quasi tutto si perde ed ingiallisce. Altre esigenze avanzano. Ogni due giorni e mezzo una donna muore ammazzata. E pure è lei che ci dà la vita. La politica tace, la scuola tace ed i media si limitano a cronache ormai formattate. In questa delittuosa indifferenza, i predatori, sempre più numerosi, salgono sull’arca ritrovata. Armati fino ai denti.

 

 

Diego Sergio Anza’

Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.

Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.