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COVID-19 – L’impatto della pandemia sulla salute mentale 

COVID-19 – L’impatto della pandemia sulla salute mentale 
Aprile 25
12:59 2021

L’epidemia di SARS-COV-2 (COVID-19), segnalata per la prima volta a Wuhan, in Cina, è un evento disastroso e inaspettato. A seguito della rapida e esponenziale diffusione del nuovo coronavirus in diverse parti del mondo, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato COVID-19 un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale. Per contenere e mitigare il dilagare dell’infezione, molti Stati hanno adottato misure estreme che hanno avuto un impatto significativo sulla vita delle persone generando, insieme a numerosi altri fattori di stress quali la paura per il virus e l’incertezza relativa alla situazione attuale e futura, alti livelli di disagio psicologico.

L’impatto a lungo termine della pandemia sulla salute mentale rimane ancora incerto, tuttavia le prime indagini hanno mostrato un aumento dei livelli di stress, sintomi ansiosi, alterazioni del tono dell’umore e sintomi relativi a disturbi correlati al trauma.  I drastici cambiamenti legati alla diffusione del virus e alle misure di blocco sembrano avere causato reazioni simili a quelle riscontrate in risposta a eventi traumatici. Tra le possibili conseguenze sulla salute mentale del periodo emergenziale vi è infatti lo sviluppo di sintomi riconducibili al Disturbo da stress post-traumatico (Post-traumatic stress disorder, PTSD), già evidenziato nel contesto di gravi situazioni come epidemie e altre emergenze mediche. 

Il Disturbo da stress post-traumatico insorge a seguito dell’esposizione, diretta o indiretta, a uno o più eventi traumatici che implicano morte, minaccia di morte, grave lesione o violenza. E’ caratterizzato da sintomi intrusivi riferiti all’evento (es. ricordi, sogni, flashback), comportamenti di evitamento di situazioni, persone, luoghi o altri stimoli che potrebbero rievocare l’esperienza vissuta, alterazione dei pensieri e delle emozioni (es. stato emotivo negativo persistente, perdita di interesse per attività significative), eccessiva reattività fisiologica, che si manifesta con irritabilità, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, difficoltà di concentrazione e disturbi del sonno (American Psychiatric Association, 2013). 

Gli studi condotti in Cina nelle fasi iniziali dell’epidemia hanno mostrato una prevalenza di circa il 5% di sintomi correlati al PTDS. In linea con questi risultati, le ricerche realizzate sul territorio italiano hanno confermato un rischio significativo di esiti psicopatologici, tra cui particolare rilievo assume il Disturbo da stress post-traumatico (Forte et al., 2020).  A tal proposito, Di Crosta e collaboratori (2020) hanno condotto uno studio con 4121 partecipanti, da cui è emerso che circa un terzo degli intervistati ha manifestato sintomi di PTSD. 

Sembra che le donne siano maggiormente vulnerabili allo sviluppo di tale quadro psicopatologico rispetto agli uomini, differenza che potrebbe essere compresa prendendo in considerazione sia aspetti biologici che socio-culturali. Rispetto ai primi, un ruolo chiave è svolto dalle differenze ormonali che contribuiscono a determinare un livello più alto di sensibilità allo stress e alle minacce. D’altra parte, è stato anche rilevato che in molte società le donne hanno una maggiore responsabilità assistenza, dovendo pertanto bilanciare gli oneri lavorativi con quelli di cura. 

Tra gli altri fattori associati a un aumento del rischio di sviluppare il disturbo vi sono i tratti di personalità, il livello socio-economico e il grado di istruzione. In merito ai tratti di personalità, degno di nota è il nevroticismo, una dimensione inerente il grado di stabilità emotiva. Alti livelli di nevroticismo sono indice di una tendenza a sperimentare prevalentemente emozioni negative e a rispondere in modo eccessivamente intenso a eventi stressanti, con conseguente difficoltà a farvi fronte efficacemente. 

Una presenza più elevata di sintomi di PTSD si osserva anche tra coloro che hanno un livello di istruzione e uno status socio-economico più basso, in quanto aspetti che influenzano la disponibilità di risorse sociali e economiche e le strategie individuali messe in atto per affrontare situazioni stressanti (Di Crosta et al., 2020).

Una maggiore probabilità di sviluppare il Disturbo da stress post-traumatico è stata osservata inoltre tra particolari gruppi di soggetti, tra cui coloro che hanno contratto il virus sviluppando sintomi che hanno reso necessaria l’ospedalizzazione. Uno studio italiano monocentrico ha mostrato che circa il 30% di persone che sono state ricoverate in ospedale per l’infezione SARS-COV-2 ha sviluppato un PTSD (Janiri et at., 2021). Coerentemente con questi dati, l’Università San Raffele di Milano ha realizzato una ricerca su 402 adulti ricoverati in ospedale per l’infezione da COVID-19, i quali sono valutati a uno e tre mesi dopo la dimissione. Dai risultati è emerso che circa il 50% dei soggetti ha manifestato sintomi di PTSD, depressione, ansia, e insonnia. Inoltre, è stato osservato che coloro che avevano una pregressa diagnosi psichiatrica mostravano un peggioramento della sintomatologia precedente.

Tali esiti possono essere almeno in parte spiegati dalla risposta immunitaria innescata dal virus, che determina il rilascio di citochine e altri mediatori dell’infiammazione. I processi infiammatori sono tra i meccanismi coinvolti nell’insorgenza di numerose condizioni psicopatologiche, come i disturbi dell’umore, i disturbi d’ansia e quelli psicotici. La perturbazione del sistema immunitario, interagendo con altre componenti biologiche e numerosi altri fattori di stress psicologico, come la paura della malattia, l’incertezza per il futuro, lo stigma sociale, i ricordi traumatici dell’evento e l’isolamento sperimentato durante il ricovero, giocano un ruolo chiave nella definizione degli esiti psicopatologici (Mazza et al., 2020).

Tra i gruppi più vulnerabili vi sono anche gli operatori in prima linea, i quali hanno affrontato una situazione estremamente complessa, a causa dell’elevato carico di lavoro e dell’imprevedibilità della gestione quotidiana dei pazienti, associati alla paura per il rischio di ammalarsi o contagiare i propri cari, allo stigma e all’isolamento sociale. Nel corso di precedenti epidemie, come la SARS, sono stai segnalati alti livelli di disagio psicologico tra gli operatori sanitari, e esiti simili stanno emergendo anche nella situazione attuale. Gli operatori sanitari direttamente impegnati nei reparti COVID riportano spesso un significativo peggioramento della salute mentale, con un alto rischio di sviluppare Disturbo da stress post-traumatico.

Tali effetti sembrano ripercuotersi anche sulla salute mentale dei figli. I bambini, infatti, fanno riferimento agli adulti significativi e di cui si fidano per ottenere protezione, valutare il pericolo e attribuire un significato agli eventi. Così, percepire l’angoscia dei genitori e la loro difficoltà a far fronte a una situazione pericolosa, può avere effetti psicologici negativi su di essi (Davico et al., 2021).

Gli studi citati relativi all’impatto della pandemia COVID-19 sulla salute mentale sono ancora limitati e riguardano prevalentemente la fase acuta, ossia i primi mesi di diffusione del virus, durante i quali la popolazione ha dovuto affrontare una nuova realtà caratterizzata da paura, incertezza e isolamento. 

Allo stato attuale, è difficile fare previsioni sul disagio psicologico a lungo termine, sebbene i dati relativi a precedenti situazioni emergenziali, incluse le epidemie, suggeriscono che le ripercussioni sul benessere psicologico e sociale perdurano anche a seguito della fase acuta. Ad esempio, in uno studio che ha coinvolto gli operatori sanitari durante l’epidemia di SARS è emerso che il 17,7% degli intervistati ha riportato sintomi psicopatologici, che per la maggior parte di essi persistevano a un anno di follow-up (Davico et al., 2021)

I dati a disposizione offrono un quadro importante, suggerendo la necessità di pensare a interventi psicologici che possano aiutare le persone, in particolar modo gruppi considerati a rischio, a fronteggiare le circostanze emergenziali e potenzialmente traumatiche.

Bibliografia

Davico, C., Ghiggia, A., Marcotulli, D., Ricci, F., Amianto, F., & Vitiello, B. (2021). Psychological impact of the COVID-19 pandemic on adults and their children in Italy. Frontiers in psychiatry12, 239.

Di Crosta, A., Palumbo, R., Marchetti, D., Ceccato, I., La Malva, P., Maiella, R., … & Di Domenico, A. (2020). Individual differences, economic stability, and fear of contagion as risk factors for PTSD symptoms in the COVID-19 emergency. Frontiers in psychology11, 2329.

Forte, G., Favieri, F., Tambelli, R., & Casagrande, M. (2020). COVID-19 pandemic in the Italian population: validation of a post-traumatic stress disorder questionnaire and prevalence of PTSD symptomatology. International journal of environmental research and public health17(11), 4151.

Janiri, D., Carfì, A., Kotzalidis, G. D., Bernabei, R., Landi, F., Sani, G., … & Post-Acute Care Study Group. (2021). 

Posttraumatic stress disorder in patients after severe COVID-19 infection. JAMA psychiatry.

Mazza, M. G., De Lorenzo, R., Conte, C., Poletti, S., Vai, B., Bollettini, I., … & COVID-19 BioB Outpatient Clinic Study group. (2020). Anxiety and depression in COVID-19 survivors: Role of inflammatory and clinical predictors. Brain, behavior, and immunity89, 594-600.

dott.ssa Collorafi Valentina

 
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