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SE C’È BILLY… – (di Diego Sergio Anzà)

SE C’È BILLY… – (di Diego Sergio Anzà)
Dicembre 01
09:02 2016

C’era una volta un uomo malato. Stava immobile sulla sua poltrona e sentiva intorno un piccolo caldo respiro. Vedeva due occhi incantati e quattro zampe sempre accanto ai suoi piedi offesi dal destino. Il senso più profondo del cosmo nell’angolo di una stanza. Tredici lunghi anni in quella piega della vita. Dolore e amore sulla cima del Creato.
Poi quell’uomo ha finito di resistere e con lui, poco dopo, si son fermati gli occhi del suo amico e le quattro “braccia”.
Non è una favola. Solo gli uomini hanno bisogno di scrivere sogni per fuggire dalle tenebre. I cani no. I cani sono la favola. Vengono da noi per narrare la storia di un mondo buono, la luce di un sole che illumina i cieli e scalda i venti freddi.

È la favola vera di Billy, l’immenso cuore di un chihuahua. Si è lasciato morire dopo il decesso del suo amico-uomo per lungo tempo inchiodato alla vita.
Il cane, appena nato, era entrato in casa di questo sfortunato anziano. Era destinato alla figlia, ma da subito si era legato alla persona più debole della famiglia, senza volersene più staccare.
“Billy è stato per 13 anni ai piedi di mio padre, fermo sulla sua poltrona – racconta la figlia–Non lo lasciava neppure per un attimo, quasi a volerlo proteggere, anche quando in casa entravano i medici e i terapisti che si prendevano cura di lui”. Una dedizione così totale da “sentire” la sofferenza del suo fratello.

Billy ha iniziato a manifestare i primi segni di malessere contemporaneamente all’aggravarsi delle condizioni di salute del suo amico, tanto da smettere di giocare e persino di mangiare. Infine, quando l’ anziano è morto, il cane non si è più mosso dall’ angolo della cucina dove suo fratello, seduto sempre in poltrona, trascorreva il tempo
“Billy se ne è andato a pochi giorni di distanza da mio padre”.

Questa “favola” è accaduta in un paese in provincia di Messina, ma in realtà non ha tempo e non ha luogo. Dove c’è un cane lì si compie sempre un miracolo. Perché i cani vivono nel miracolo di una natura che sfugge alla banale precarietà dell’esistenza umana. I cani non hanno confini, non hanno patrie, non hanno luoghi di nascita. I cani nascono tutti in un soffio di beatitudine, in un’ansa immortale. In un giorno di sole, in una notte di gelo, tra le luci dell’effimero, tra i tavoli di Trimalcione, nei buchi di Nairobi, vicino a Socrate, dietro le spine di Dachau, dentro i giacigli di cartone, sotto le bombe, davanti ai cannoni, tra le feste di Copacabana, i cani sono sempre i cani. La medesima identità celeste.

Io sono ateo, ma sono assalito dai brividi del dubbio quando il loro sguardo accarezza la mia carne corrotta. Dio forse ha tentato di parlare con gli uomini, ma ha atteso invano una risposta. I cani hanno incrociato il suo sguardo e si sono illuminati. Esiste Dio. È il Dio dei cani. Ad essi Dio ha affidato gli uomini. Per riscaldarli sulla terra gelida. Per riscattarli sulla terra insanguinata. Per leccargli le ferite e le piaghe mentre affrontano i guai della vita.

Per fare la guardia al sonno del fratello povero come se egli fosse un principe. E quando tutti lo abbandonano, lui solo rimane. Il cane.
E quando scende il sipario sull’ultima scena, quando l’uomo varca il mistero, si fa sentire più forte l’abbraccio divino di quattro zampe pelose. Spesso così forte da fargli scoppiare il cuore.
Come Billy. Come tutti i Billy del cosmo.

 

 

Diego Sergio Anzà

immagini di repertorio

Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.

Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.