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ANZIANI E SOLITUDINE – I rischi per la salute fisica e mentale

ANZIANI E SOLITUDINE – I rischi per la salute fisica e mentale
Dicembre 13
14:11 2020

Il bisogno di relazione è una caratteristica umana profondamente radicata. L’uomo ha bisogno degli altri per poter sopravvivere e svilupparsi e pertanto, sin dalla nascita, si inserisce all’interno di una rete sociale. Le relazioni che si costruiscono nel corso della vita si modificano nel tempo, passando dalla formazione di nuovi legami fino alla perdita di altri, e questo ha importanti implicazioni sul benessere fisico e mentale.

Il tema del cambiamento della rete sociale e dei potenziali effetti sulla salute è particolarmente rilevante in relazione all’invecchiamento, in quanto periodo complesso, caratterizzato da molteplici sfide e nuove richieste di adattamento. Transizioni come il pensionamento, la perdita del coniuge o dei coetanei, i cambiamenti residenziali, l’allontanamento dei figli, associati all’insorgere di malattie e a un generale declino dello stato di salute che limita la mobilità e i contatti, sono tutte condizioni che  possono alterare drasticamente le relazioni di una persona. La ricerca in questo campo ha posto l’attenzione sugli effetti di due aspetti particolarmente significativi, ossia la perdita dei ruoli sociali (prevalentemente legata al pensionamento) e dei legami  (Cornwell & Laumann, 2015). In merito a quest’ultimo punto, numerosi studi hanno dimostrato come la mancanza di relazioni sia un fattore di rischio per il peggioramento della salute fisica e mentale.

Da un punto di vista psicologico, l’isolamento sociale aumenta la probabilità di insorgenza di ansia e depressione, amplificando il rischio di tali disturbi correlato all’avanzamento dell’età. Questi problemi, a loro volta, accelerano significativamente l’invecchiamento cerebrale (Santini et al., 2020). L’esperienza della perdita di contatti sociali innesca un processo di lutto psicologico, che è fonte di stress e sentimenti negativi. Inoltre, essere socialmente connessi aiuta le persone a soddisfare il bisogno di appartenenza, mantenere la percezione di controllo e padronanza sull’ambiente, grazie alla presenza di routine, e facilita l’accesso a numerose risorse. Con la perdita di relazioni questi aspetti vengono meno e si hanno maggiori difficoltà a far fronte alle sfide, con conseguente aumento dei livelli di stress. Lo stress cronico e i vissuti negativi hanno numerose conseguenze sulla funzione immunitaria, cardiovascolare e neuroendocrina aumentando, a lungo termine, il rischio di patologie (Rai et al., 2011, Cornwell & Laumann, 2015).

Tuttavia, la salute non è influenzata solo dalla quantità delle relazioni, ma anche dalla qualità e dal significato attribuito alle stesse. Per questo motivo, è opportuno porre l’attenzione sull’isolamento sociale percepito, che riflette la percezione soggettiva della qualità delle relazioni e può comportare un sentimento di solitudine, ossia un vissuto emotivo negativo derivante da una discrepanza tra le relazioni che si desidererebbe possedere e quelle che si percepisce di avere nella realtà. Le ricerche relative alla tarda età hanno evidenziato come la solitudine, rispetto all’isolamento oggettivo, sia un fattore predittivo più rilevante per lo sviluppo di depressione e ansia (Santini et al., 2020), è associata al declino cognitivo e incrementa il rischio di demenza tipo Alzheimer (Cacioppo & Hawkley, 2009). La solitudine comporta inoltre conseguenze negative per la salute fisica, come disturbi del sonno, ipertensione e deficit del sistema immunitario (Cacioppo e Cacioppo, 2014).

L’isolamento sociale percepito, quindi, insieme all’età, alle patologie croniche, alla perdita dei ruoli sociali e dell’autosufficienza, aumenta la fragilità dell’anziano. D’altro canto, coloro che rimangono socialmente attivi anche in età avanzata sembrano essere più felici e più sani. I meccanismi attraverso i quali il mantenimento e la costruzione di nuovi legami influiscono sulla salute non sono del tutto chiari. E’ possibile ipotizzare che l’accesso a un’ampia rete sociale incrementi le risorse disponibili per l’individuo, sostenga un maggiore livello di autostima e soddisfi i bisogni di appartenenza e rassicurazione, elementi particolarmente importanti a seguito di eventi destabilizzanti che lasciano sensazioni di vuoto e incertezza. Inoltre la partecipazione alla vita sociale  richiede un maggiore livello di attività fisica e offre importanti stimoli che favoriscono l’attivazione cognitiva (Cornwell & Laumann, 2015).

Indubbiamente ci sono coloro che  riescono a compensare le perdite, mantenere i legami o costruirne di nuovi e affrontare con successo le sfide che si presentano. Allo stesso tempo, altri possono sentirsi abbandonati e provare sentimenti di dolore e smarrimento che producono una spirale verso il basso da cui è difficile riemergere.

L’attuale crisi pandemica, con le misure adottare per ridurre i contagi, ha determinato per le persone anziane una riduzione ulteriore dei contatti sociali. Tuttavia, si tratta di un problema di portata più ampia, emerso con forza da diverso tempo: secondo il rapporto Istat 2018, in Italia circa il 40% di coloro che hanno 75 anni o più non ha nessuno a cui rivolgersi in caso di bisogno.

Pertanto, è fondamentale adottare politiche e iniziative volte ad arginare questa problematica e incrementare le opportunità di connessione sociale per le persone anziane, che si trovano ad affrontare una fase del ciclo di vita in cui le condizioni di salute vanno incontro a un progressivo peggioramento e il bisogno di supporto diventa essenziale.

Come arginare la solitudine dell’anziano?

Da diversi anni, è possibile intravedere diverse iniziative per far fronte a questo problema. Tra gli esempi di buone prassi vi è il co-housing, ossia la convivenza di più anziani rimasti soli o senza una adeguata rete sociale in appartamenti in cui è prevista l’assistenza da parte di alcuni operatori sociosanitari. Vi è poi il modello della Dementia Friendly Community, piccole cittadine adattate all’anziano con decadimento cognitivo.

Infine, è opportuno considerare la condizione dei familiari che si occupano della persona anziana, spesso sopraffatti dalle richieste di cura in mancanza di conoscenze adeguate, per cui anche nei loro confronti dovrebbero essere attivate iniziative di sostegno psicologico. A tale scolo sono nati i Caffè Alzheimer, incontri rivolti a coloro che si occupano di persone colpite da demenza, in modo tale da supportarsi reciprocamente, condividere esperienze e consigli. Agli incontri è presente un professionista che  spiega aspetti specifici della malattie e fornisce informazioni sull’assistenza.

In questo particolare momento storico, può aiutare molto la tecnologia. Gli anziani che hanno la possibilità di mantenere contatti regolari mostrano minori disturbi dell’umore e deficit cognitivi,  per questo motivi potrebbe essere utile favorire l’acquisto di tablet o smartphone, assicurando la presenza di operatori che insegnino agli anziani ad utilizzare questi strumenti.

Bibliografia

  • Cacioppo, J. T., & Hawkley, L. C. (2009). Perceived social isolation and cognition. Trends in cognitive sciences13(10), 447-454.
  • Cacioppo, J.T., Cacioppo, S. (2014). Social relationships and health: the toxic effect of perceived social isolation. Social and Personality Psychology Compass, 8:58-72

  • Cornwell, B., & Laumann, E. O. (2015). The health benefits of network growth: New evidence from a national survey of older adults. Social Science & Medicine125, 94-106.
  • ISTAT (2018). Rapporto 2018. Istituto Nazionale di Statistica, Roma.
  • Santini, Z. I., Jose, P. E., Cornwell, E. Y., Koyanagi, A., Nielsen, L., Hinrichsen, C., … & Koushede, V. (2020). Social disconnectedness, perceived isolation, and symptoms of depression and anxiety among older Americans (NSHAP): a longitudinal mediation analysis. The Lancet Public Health5(1), e62-e70.

dott.ssa Collorafi Valentina

 
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