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AI NATIVI DIGITALI (di Diego Sergio Anzà)

AI NATIVI DIGITALI (di Diego Sergio Anzà)
Gennaio 02
12:09 2017

Questa lettera è stata inviata da Antonio Gramsci il 10 maggio 1928 alla madre, poco prima della sua condanna a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni di reclusione, comminata dal Tribunale Speciale Fascista, presieduto da Alessandro Saporiti, il 4 giugno 1928. Gramsci fu condannato per attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all’odio di classe. Il pubblico ministero Isgrò concluse la sua requisitoria con una frase rimasta famosa: «Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare».
Non ci sono riusciti, per fortuna. Nessuno ci sarebbe riuscito. Tanto meno giudici ottusi, proni ai diktat del Potere. Come quasi sempre…
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“Carissima mamma,
sto per partire per Roma. Oramai è certo. Questa lettera mi è stata data appunto per annunziarti il trasloco. Perciò scrivimi a Roma d’ora innanzi e finché io non ti abbia avvertito di un altro trasloco.
Ieri ho ricevuto un’assicurata di Carlo del 5 maggio. Mi scrive che mi manderà la tua fotografia: sarò molto contento. A quest’ora ti deve essere giunta la fotografia di Delio che ti ho spedito una decina di giorni fa, raccomandata.
Carissima mamma, non ti vorrei ripetere ciò che ti ho spesso scritto per rassicurarti sulle mie condizioni fisiche e morali. Vorrei, per essere proprio tranquillo, che tu non ti spaventassi o ti turbassi troppo qualunque condanna stiano per darmi.
Che tu comprendessi bene, anche col sentimento, che io sono un detenuto politico e sarò un condannato politico, che non ho e non avrò mai da vergognarmi di questa situazione.
Che, in fondo, la detenzione e la condanna le ho volute io stesso, in certo modo, perché non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione. Che perciò io non posso che essere tranquillo e contento di me stesso. Cara mamma, vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente.
La vita è cosí, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini.
Ti abbraccio teneramente.”
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BASTEREBBE CONDIVIDERE ANCHE UNA PARTE DI QUESTO SUBLIME MANIFESTO ETICO ED ESISTENZIALE, PERCHÉ IL MONDO DIVENTASSE PIÙ UMANO E GIUSTO.
MA CHI È DISPOSTO OGGI A DARE LA VITA PER DIFENDERE LE PROPRIE IDEE E PER CONSERVARE ONORE E DIGNITÀ ?
IMPAZZANO QUALUNQUISMO, POPULISMO E BANALE MINIMALISMO. SOLO INUTILI CHIACCHIERE DAVANTI AD UN PRANZETTO, NELLA NUOVA MACCHINA HI-TECH, NEL VUOTO DI UN SOLIPSISMO SMARTPHONIANO.
NANI NATIVI DIGITALI CHE NEPPURE CONOSCONO I GIGANTI COME GRAMSCI.
PER QUESTO IL MONDO È GIÀ IN FASE TERMINALE.

 

Diego Sergio Anzà

Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.

Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.