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PATTI – Nella notte tra sabato 15 e domenica 16 aprile del 1978, un violento terremoto di magnitudo 8 della Scala Mercalli scatenò il terrore in città.

PATTI – Nella notte tra sabato 15 e domenica 16 aprile del 1978, un violento terremoto di magnitudo 8 della Scala Mercalli scatenò il terrore in città.
Aprile 13
20:05 2023

Anche 45 anni fa il 15 aprile era un sabato e il 16 una domenica. Molti, soprattutto i più anziani, capiranno il senso di tale riferimento, visto che, allora, poco dopo le 0,30, un violento terremoto (8° grado della Scala Mercalli) interessò la città di Patti, il vasto circondario e la costa tirrenica.

Ciò, ovviamente, scatenò il terrore fra la gente che lasciò le proprie case e si riversò in strada in cerca di qualche rifugio sicuro.

Nella mente di tanti sono ancora impressi quei momenti terribili, anche perché furono parecchie le scosse che si susseguirono, anche nei giorni successivi.

A Patti si registrarono 5 feriti e  parecchi danni: dieci case crollarono parzialmente, 2.000 subirono danni gravi e altre 2.000 furono lesionate; nella zona vecchia fu danneggiato l’80 per cento delle abitazioni, in via Nicolò Gatto Ceraolo crollarono totalmente i muri perimetrali di alcuni vecchi edifici disabitati.

Complessivamente, le case seriamente danneggiate furono circa 300 e 1.000 i senzatetto (soprattutto nella zona più antica).

Non fu risparmiata nemmeno la Cattedrale “San Bartolomeo”: cadde parte della copertura e crollarono due absidi causando la distruzione della decorazione a mosaico. Fino alla ristrutturazione, la Cattedrale fu ospitata in quella che oggi è la sede del museo diocesano. Proprio dalla Cattedrale, la mattina presto del 16 aprile, la statua dell’Annunziata fu riportata, a braccia, con la partecipazione di tanti fedeli, nella chiesa di San Michele. Furono evacuati il palazzo municipale e l’ospedale “Barone Romeo”, che all’epoca sorgeva in via Garibaldi, con conseguente trasferimento in altre strutture dei circa 150 ricoverati.

A “cercare” un dato positivo, ciò accelerò l’apertura della nuova struttura ospedaliera in via Mazzini. Lo stadio comunale “Gepy Faranda” fu messo a disposizione per qualsiasi emergenza.

Danni subirono pure la sede della Guardia di Finanza, l’Ufficio del Registro, la sede dell’Inam, l’ospizio “Sciacca Baratta”, parecchi edifici scolastici, a tal punto che per l’Istituto Professionale fu decisa la demolizione.

Per cinque giorni rimasero chiusi lo stabilimento dolciario “Tindarys” e l’azienda metalmeccanica “Wagi”. 

Dopo l’ovvio, iniziale smarrimento, si cominciò a pensare alla ricostruzione.  250 milioni, a seguito di valutazione del Genio Civile, furono destinati agli interventi più urgenti: 50 milioni per la Cattedrale; 100 milioni per edifici pubblici e privati; 100 milioni per l’ospedale, reso temporaneamente inagibile.

Per gli interventi meno urgenti sul patrimonio pubblico ed ecclesiastico, si destinò la somma di 1 miliardo di lire.

Il costo delle opere di difesa viaria e di demolizione ammontò a 610 milioni di lire.

Sono stati tanti ad attribuire alla patrona e concittadina Santa Febronia il miracolo per il quale non si registrarono vittime e i danni riguardarono quasi esclusivamente le cose e non le persone.

Ancora oggi si recita una preghiera in dialetto in cui, tra l’altro, si dice: “Si nni scantamu di pesti, guerri e tirremoti subitu Fibbronia chiamamu. Spirienza n’amma avutu tanti voti ca nna guardato la nostra città”.

Nicola Arrigo

 
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