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SINAGRA – In attesa del Referendum Costituzionale, Sinagra si prepara ad una scelta consapevole.

SINAGRA – In attesa del Referendum Costituzionale, Sinagra si prepara ad una scelta consapevole.
Luglio 31
16:43 2016

Venerdì 29 luglio, nella Sala Consiliare del Comune di Sinagra, si è svolto l’incontro “Referendum Costituzionale: una scelta consapevole. Perché si. Perché no. Opinioni a confronto”.
Atto a definire gli aspetti salienti della Riforma Costituzionale, l’evento è stato organizzato dal Circolo Acli Sinagra e promosso dallo stesso ente comunale.

Il Presidente del Circolo Acli Sinagra, avv. Loredana Maccora, ha in apertura sottolineato come l’idea di tale incontro sia scaturita dal desiderio di adesione al piano, promosso dalle Acli su scala nazionale, di informazione e diffusione della politica pur in autonomia da eventuali schieramenti ideologici. Il rischio è di “giocare con la nostra democrazia”: «La nostra Costituzione nasce da un’alleanza. Oggi siamo chiamati a riformarla e non possiamo esimerci da tale responsabilità».

Il Sindaco della “perla dei Nebrodi” Vincenza Maccora, nel porgere i saluti istituzionali di rito, ha esternato il proprio plauso per l’iniziativa accolta con entusiasmo: «Al di là del SI o NO del Referendum è fondamentale che l’Italia si sia svegliata tornando a parlare di politica. Abbiamo toccato il punto più basso della dialettica: questa riforma non tocca i principi costituenti, chi opera giornalmente con la burocrazia sa che certi cambiamento sono necessari».

Una “Tavola rotonda” che dovrebbe essere proposta in tutti i Nebrodi. Così il giornalista poliedrico Antonio Puglisi ha definito l’iniziativa alla quale ha preso parte in qualità di moderatore, giostrando con equilibrio e puntuale curiosità il dibattito dei due relatori protagonisti esperti del settore, il Prof. Alessandro Morelli, professore ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro, e il Prof. Giacomo D’Amico, professore associato di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Messina.Referendum_Costituzionale_Sinagra_003

Una dicotomia antitetica elegante e pacata è stata il binario sul quale i due oratori, tendenti rispettivamente uno per il NO, l’altro per il SI, hanno sistematicamente voluto procedere al fine di rendere l’evento, seguito con attenta partecipazione da tutti i presenti, occasione di crescita edificante e non demolitiva.

Nel corso dell’incontro sono stati trattati vari aspetti della proposta di roforma della Costituzione della Repubblica Italiana contenuta nel testo di legge costituzionale approvato dal Parlamento italiano il 12 aprile 2016, che sarà sottoposto a referendum confermativo nel mese di ottobre dell’anno corrente.

La prima tematica presa sotto esame è stata la riduzione del numero dei senatori. Se da un lato “il lancio certamente più populista”, come ha commentato Puglisi, ridurrebbe il numero dei senatori da 315 a 100, è anche vero che i costi della politica non verrebbero realmente dimezzati. quello dei “tagli alle poltrone” è uno degli slogan più gettonati dai comitati pro SI alla riforma.

Spiega Morelli: «L’opinione pubblica premeva per una riduzione dei costi della politica», ma con questa riforma in realtà sono in arrivo nuove indennità al rialzo per i funzionari parlamentari. Ci si è a lungo soffermati sulla riforma del Senato. «La questione va affrontata senza preconcetti», ha continuato Morelli, che ha poi evidenziato come sia impossibile prevedere l’impatto sul sistema sociale ed economico di una riforma costituzionale che andrebbe ad intervenire su ben 41 articoli della costituzione: «Un numero troppo alto. Si parla di bilanciamento, ma il rischio è che questo bilanciamento venga fatto come sulle parti del motore di una macchina: non è detto che modificandone alcune si riesca ad integrarle perfettamente con le altre. Non sono ancora chiare le modalità con cui tale intervento dovrà essere effettuato: ad oggi non abbiamo idea di come sarà l’assetto del Senato. Né ho fiducia nella fase attuativa». E ha poi parlato di “salto nel vuoto”: nel ddl Boschi non è difatti stata introdotta la legge tramite cui dovrebbe avvenire l’elezione.

In armonia con la riflessione iniziale del professore dell’Università catanzarese, il docente messinese Giacomo D’Amico ha ribadito l’impegno da parte di entrambi i relatori, uniti da un rapporto di amicizia e stima reciproca, a fornire agli uditori elementi utili al fine di far chiarezza sulle ragioni della riforma: “Non bisogna omettere gli aspetti positivi o negativi del SI o del NO”. E battendo sull’esigenza del superamento del colore politico per una presa di posizione consapevole nei confronti della riforma ha continuato: «Vi sono dei pregiudizi che sono inevitabilmente legati alla politica. Bisogna sfatare il mito dei padri costituenti. Il futuro Senato non sarà il migliore del mondo, ma vi è la necessità differenziare le due camere: è chiara l’inutilità di due camere con le stesse funzioni».

Rivolgendo uno sguardo al passato politico del Belpaese, afferma Morelli: «Non dobbiamo mitizzare l’Assemblea costituente, ma non dobbiamo fare l’errore di pensare che costituire e riformare siano la stessa cosa. È anche un bene non prevedere il futuro», e ha ricordato ai presenti la teoria del “velo d’ignoranza” rawlsiana. Evidente la «necessità storica di ricostruire. Ma l’articolo 138 della costituzione è adatto. Dobbiamo cercare di fare delle revisioni specifiche».

Se da un lato uno dei più insormontabili problemi, evidenziato dei sostenitori del NO, sia la “violazione” forzata “dall’alto” attraverso un testo a tratti ingarbugliato e poco chiaro (più volte ha sottolineato Morelli il vizio di forma del ddl Renzi-Boschi), proposto da un parlamento eletto da una legge (Porcellum) dichiarata incostituzionale, dall’altro una delle ragioni pro SI suffragate da D’Amico consiste appunto nel superamento del bicameralismo perfetto: obiettivo quello di «avere istituzioni semplici e in grado di dare risposte rapide ai cittadini». Ma ha ricordato Morelli come il Senato rischi di diventare alla stregua del Consiglio Federale Austriaco: “Il Senato non avrà nessuna rilevanza politica. Farà la fine del Bundesrat d’Austria”.

Puglisi ha poi virato su uno dei temi più caldi della Riforma, ovvero la questione delle Regioni. Con la riforma del Titolo V, la parte della Costituzione dedicata alle autonomie locali (che già in passato era stata modificata con la Riforma Costituzionale del 2001, quando alle regioni fu garantita autonomia in campo finanziario e organizzativo), lo stato si riprende in maniera esclusiva alcune competenze che prima erano condivise con le Regioni. Innegabile che parte del debito pubblico sia dipeso dalla cessione di sovranità a favore di queste ultime, e i dati dal 2001 ad oggi parlano chiaro. Ma facendo menzione al “trade off tra competenze e partecipazioni” delle Regioni, ha argomentato Morelli: “Una forte centralizzazione, decostituzionalizza di conseguenza le province”.

La “clausola di supremazia” consentirebbe alla legge dello Stato, su proposta del Governo, di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale.

All’epilogo dell’incontro, ciascun relatore è stato invitato dal moderatore a ribadire in sintesi le motivazioni dei rispettivi NO e SI.
Morelli ha riconfermato l’esigenza di scindere le considerazioni personali sul contesto politico contingente rispetto la validità della riforma: «Non è possibile fare una previsione, neppure nebulosa. Vi è una totale incertezza per le Regioni a statuto speciale. In queste condizioni, voterò NO».
D’Amico ha ribadito il suo voto a favore del SI alla luce di una prevalenza di aspetti positivi: «Questa riforma sulle Regioni a statuto speciale avrà più conseguenze stimolanti di quello che ci aspettiamo. Il punto di svolta sta nell’azione politica che seguirà alla Riforma Costituzionale. La capacità della politica e delle istituzioni deve essere anche quella di far immaginare a tutti noi un futuro migliore. Ci troviamo difronte all’esigenza di un cambiamento».

 

 

Elena Favazzo

Se adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo.

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